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Idea di un percorso,

Quest’anno nel corso di Arte Civica, il professore Francesco Careri ha invitato gli studenti a lasciare l’incinta dell’università. Il tema era di seguire il letto del fiume Tevere. Un fiume si crea un percorso dalla sua sorgente fino al mare. Noi studenti e altre persone esterne, artisti, giornalisti, professori ecc, abbiamo cominciato dove lui sparisce. Cosi sono cominciati quattro mesi di camminate lungo le due sponde di questo storico fiume.

Il professore, conoscendo bene l’esperienza del camminare, ha dato quest’anno uno scopo preciso all’avvenimento, cioè una storia, una ricerca che portera nostri passi. Camminare è stato il modo di spotarsi da un punto all’altro, ma l’esperienza completa è servita a rendersi conto delle « città » nascoste che cela il Tevere. Cioè campi, diversi habitat, chi li popola e come li popola, cosa li spinge a vivere in quel modo.
Dopo alcune passeggiate denominate « La morte » da alcuni studenti, perchè non è stato scoperto nulla, ma al tempo stesso erano piene di forti sensazioni, siamo arrivati al primo grandissimo campo nascosto sotto un viadotto. A questo punto mi sono subito detta « ma io sono studente in architettura, non ho gli occhi dell’antropologo ». Ho dunque avuto molte difficoltà a capire che cosa potevo fare, andare come l’antropologo dell’ottocento nelle colonie Africane, andare tranquillamente e solo passare… Ma una volta entrata, sono stata presa da una sentimento mai conusciuto che mi ha spinto a proseguire e a parlare con la gente, a comunicare, capire, giocare, ascoltare ecc. A capire che cos’è un campo rifiuto della città contemporanea.

E quindi poco a poco durante le diverse passegiate e i diversi incontri, dove ho visto campi nomadi, non più nomadi, abitati da Rumeni, Rom, Moldavi, Kurdi,Bosniaci…costruiti,poi spostati, sotto dei viadotti, lungo i bordi del fiume, campi organizzati, campi che sembrano discariche municipali, case fatte di porte, di bandiere, di pubblicità, baracche con una camera, case attrezzate e non, ma anche italiani che si sono appropriati di pezzi di sponde per far crescere pomodori, o per passare l’estate, o addirittura per viverci.
Ho capito che siamo di fronte a delle situazioni diversissime, e mi sono chiesta che cosa possiamo veramente fare di concreto, per cambiare queste condizioni. Anche loro lo hanno chiesto.

Allora è cominciata la sfida. Far capire alla cittadinanza capitolina in che stato sono tutte queste persone, chi sono, le loro storie … Ma anche di dismotrare che l’idea proposta dal Sindaco di Roma Walter Veltroni, di spostare tutte queste persone in quattri campi « della solidarietà »attrezzati fuori il grande raccordo anulare, era assurdo.
Qunidi durante una manifestazione si è organizzato un « Sleep out » durante il quale abbiamo dormito lungo il Tevere per una notte. Ma questo è solo il punto di partenza di una lunga scomessa, che continua con l’organizzazione di un campo universitario, per scambiare idee e visioni, e la creazione di un Atlante sull’esperienza delle nostre camminate, sperando che possano avere una ripercussione importante sull’opinione pubblica.

Ma non dimentichiamo che adesso quasi ogni settimana i campi sono sgomberati, e in tal modo numerose persone hanno perso lavoro, case ecc.

Articolo : Alice Inguenaud

Articolo per Puerto Rico “En las faldas del Rio” (trad. italiano)

Giugno 28th, 2007 by suilettidelfiume

 

“Sui letti del fiume” è stato il tema del corso di Arte Civica di questo semestre presso la Facoltà di Architettura (Università Roma Tre) tenuto dal professore e ricercatore Francesco Careri, e con l’adesione dell’organizzazione “Stalker: Osservatorio Nomade”. Senza dubbio, un corso tanto eccentrico quanto affascinante, che ci ha fatto uscire dalle aule y ci ha portato ad esplorare, personalmente, il fenomeno dell’appropriazione territoriale e gli accampamenti nomadi presenti lungo il fiume. Lo scopo di tale esercizio didattico è quello di creare un Atlante “dell’abitare il Tevere”.

Era il 15 marzo del 2007 quando abbiamo cominciato a camminare, un gruppo di 30 persone, divisi in parti uguali, por poter esplorare entrambi gli argini di quel fiume che tanti di noi avevamo visto, ma che così pochi conoscevamo direttamente. La verità è che benché il Tevere definisca il centro di Roma, lo usiamo meramente come punto di riferimento, come linea, e non lo vediamo come il corpo generatore di vita che è stato e continua essendolo per molti.
Sono stati 3 mesi di esplorazione da “Sentinella” a “Prima Porta” nei quali abbiamo trovato svariate combinazioni di habitat: dalle più nascoste e mimetiche fino alle più esposte, dove la varietà e la creatività per ricreare le condizioni “normali” di un’abitazione sono estremamente interessanti. Abbiamo trovato da baracche solitarie in mezzo a un campo, ma anche gruppi o mini polis sotto i ponti e/o nascoste tra la vegetazione del fiume; organizzazione spaziali che ricreavano gli usi, costumi e le culture dei loro abitanti tra i quali ci sono rumeni, rom, curdi, bosniaci, etc. Le esigenze abitative sono svariate e, sebbene alcune mostrassero condizioni di degrado umano, altre, sorprendentemente, riflettevano soluzioni architettoniche funzionali che possono essere sviluppate in strategie di progettazione e fornire possibili soluzioni economiche e sostenibili. Tra le varie modalità di costruzione esiste la combinazione di caravan + baracca, in cui il caravan funge di abitazione intorno al quale si costruisce una capanna con tavole di legno, pannelli, bambù, e con coperture ancora in tavole di legno, bambù e plastico, quest’ultimo con funzione di agente impermeabilizzante. All’interno, l’arredamento è costituito da mobili comuni e soluzioni creative, come il buco nella terra coperto da un pannello che serve da frigorifero. L’elettricità viene fornita da generatori elettrici e, in molti casi, l’acqua si ottiene collocando, a modo di raccoglitori, dei secchi per la spazzatura su tetti delle strutture, collegati ai servizi della casa attraverso tubi. Bracieri fatti con griglie collocate su mattoni e gabinetti ubicati fuori dalle capanne e coperti da teli e/o pannelli di legno costituiscono alcuni degli spazi condivisi di queste comunità,
L’aspetto umano, d’altra parte, è stato inaspettatamente positivo. Malgrado la nostra ricerca costituisse un’intrusione nelle loro case, queste persone ce le hanno mostrate e ci hanno raccontato le loro storie senza problemi né obiezioni. Abbiamo così scoperto che molti sono operai, bambinaie, che i bambini frequentano le scuole locali. Abbiamo anche appurato che la nazionalità conta al momento di organizzarsi in comunità per via dei conflitti esistenti tra le varie culture. Abbiamo ascoltato le storie commoventi e ispiratrici di queste persone, i quali, per la stragrande maggioranza, hanno dovuto abbandonare i loro paesi e le loro famiglie alla ricerca di una migliore qualità di vita e di maggiori opportunità economiche.

“Mia madre e mio padre hanno 80 anni, loro hanno bisogno di soldi. Mio figlio, che si trova in Romania, ha 123 anni e ha bisogno di andare a scuola… anche ha bisogno di soldi. La vita è un po’ difficile però (…) sono venuti qui per lavorare, non posso spendere i soldi in un affitto(…), altrimenti a fine mese ti guardi in tasca ed è vuota.” (George, rumeno, abita in Italia da 5 anni)

Si scopre così un’emarginazione sociale di grandi proporzioni alla quale l’Amministrazione non offre una soluzione, piuttosto offre loro un nascondiglio, lontano dagli occhi delle città. Infatti, il Sindaco di Roma ha firmato il “Patto per la Sicurezza” che prevede lo sgombero dei campi nomadi (legali e illegali) e la reubicazione degli stessi in accampamenti gigantesco fuori dalla città. Ciò costituisce un atto tanto grave quanto violento, non per il desiderio di trovare soluzione al problema, bensì per l’errore di prendere delle decisioni senza aver completato uno studio di analisi territoriale o urbano e senza aver studiato l’impatto psicologico e sociale di tale progetto. La giustapposizione di bisogni come quelli dei costumi e delle culture impediscono che una soluzione così generica possa essere efficace.

Come conclusione a questa traiettoria, il gruppo di Arte Civica ha deciso di fare una protesta pacifica perché l’Amministrazione riconsideri la situazione che, a nostro avviso, ha bisogno di soluzioni più complesse, con molte vertenti, e che richiede anche uno studio accurato dei bisogni di queste persone, esseri umani ai quali gli si deve il rispetto dei loro diritti di cittadini europei: il diritto all’educazione, alla comunicazione, alla salute e igiene, e specialmente, il diritto alla libertà; tutti diritti che il “patto” proposto violenta.

Questi diritti e queste violazioni sono stati i fattori che ci hanno portato a invitare la comunità a dormire con noi negli argini del Tevere per, insieme, proporre alternative valide alla situazione. La proposta, denominata “Sogno di una Notte di Mezza Estate”, è stata una serata stupenda, nella quale musici, artisti, studenti e abitanti di Roma sono scesi fino a quel fiume che tanto ci intriga e hanno dormito sulle loro rive per scoprire ciò che si sente quando la città tace ma l’acqua continua il suo corso.
E noi, per capire le notti e i sogni di queste persone, siamo entrati alle loro case, abbiamo ascoltato le loro storie, abbiamo guardato i loro volti, e abbiamo dormito nelle loro condizioni per renderci conto che in questa Città Eterna le loro vite sono le più effimere.

SARA BALDASSI

ARTICOLO EMIGRAZIONE A ROMA ARTE CIVICA LEA CHARRAT 25.06.2007

Nel corso di quest’anno di studio a Roma, ho seguito il corso di “arte civica” condotta dal professore e membro del laboratorio Slalker, Francesco Careri. Il corso riguarda l’appropriazione dei bordi del Tevere dai senzatetti. Da tre mesi, il nostro gruppo costituito di una quarantina di studenti e di una decina di professori percorre le rive del fiume dalla foce di Ostia-Fiumicino al Monte Fumaiolo (cioè quasi 120 km), alla ricerca di queste popolazioni escluse. L’obiettivo del corso è di realizzare una cartografia della loro abitazione. Dovè si concentrano? Quanto ne sono? Come abitano?

Sul nostro percorso, abbiamo trovato una cinquantina di campi illegali ed abbiamo incontrato circa 1800 senza fissa dimora che provengono da comunità diverse (rom, bosniaca, rumena, filippina, italiana, polacca, kurda, moldava). Queste popolazioni raggruppate in funzione della loro origine sono a volte portate a coesistere su uno stesso terreno. Questa prossimità può generare tensioni. È il caso in particolare al campo Monte Antenne che è diviso in due settore : quello degli zingari e quello dei roms.

La maggior parte delle comunità incontrate è nomade; la durata del loro passaggio in un campo varia da alcuni mesi a molti anni. Spesso, la loro partenza è precipitata da uno sgombero generale.

I campi raccolgono molte grandi famiglie; poche persone vivono da sole. Ad ogni visita, sono stata colpita dal numero importante di bambini presenti. Secondo una madre di famiglia, quest’ultimi sono iscritti a scuola, ma non seguono i corsi. Quest’assenteismo è dovuto alla distanza del campo di un centro scolastico ed alla mancanza di trasporto.

La maggior parte delle persone che ci hanno accolte parlava italiano. Alcuni di loro avevano trovato un lavoro : gli uomini nell’edilizia ; le donne nella manutenzione ad esempio. Per quanto riguarda il loro futuro, poco di loro aspira ad un cambiamento. Abitare in un appartamento non converrebbe a loro, preferiscono vivere all’esterno in una roulotte o in una baracca, costruita di legno, di lamiera, di materasso e di tessuti. La loro abitazione riprende il modello dell’appartamento : si trovano gli spazi della cucina, della camera da letto, della doccia, ecc.. Le baracche sono permeabili ed aperte verso l’esterno. Tuttavia rimangono nascoste sotto un ponte o sotto la vegetazione. Non si integrano con il contesto ; al contrario se ne staccano. Invece, alcune mantengono una relazione intima con il fiume, come quelle installate vicino al Tevere al campo del viadotto della Magliana.

Le condizioni igieniche e sanitarie variano secondo i campi. Alcuni hanno condizioni di vita deplorevoli (acqua e elettricità mancanti, accumulo dei rifiuti, aria viziata); è il caso del campo del viadotto della Magliana. Altri come quello del campo Boario è in una migliore situazione (acqua, presenza di generatore).

Attualmente, F. Careri ed il laboratorio Stalker cerca di rendere visibile questa situazione di precarietà e di miseria prendendo a testimone i mass media romani. Hanno cercato di sensibilizzare i cittadini di Roma invitandoli a dormire durante la notte del 21 giugno sotto un ponte della loro città. Careri ha realizzato qui il suo “atto civico” nel senso in cui ha cercato di migliorare questa situazione. Desidera oggi trovare risposte politiche, culturali ed urbane.

Questo corso mi ha permesso di rendermi conto del numero importante di persone che vivono oggi senza fissa dimora, di più in condizioni di vita difficili. Ho potuto anche constatare la difficoltà che alcune persone hanno a integrarsi nella società. Per noi architetti, è importante interessarsi all’abitazione “d’urgenza” e provare a trovare soluzioni che soddisfanno le necessità di queste persone.

ARTICOLO “CAMMINARE LUNGO GLI ARGINI (E MARGINI) DELLA CITTÀ”, DUARTE MACEDO 25.06.2007

Caminare sul Tevere:

… per conoscere le realtà suburbane che popolano gli anfratti della metropoli.

… per parlare con le persone che vi abitano.

… per capire che, in tempi di sgomberi e di piani per la sicurezza, gli alieni che vivono nella città non sono così diversi da noi.

… per attraversare i confini sociali della metropoli.

… per scoprire nuove forme di urbanità.

… per vedere e capire l’altro lato della città.

… come pratica estetica, fare arte.

… per incontrare nuove tribù metropolitane.

… per perdersi.

Nomade: senza dimora fissa, migratore, zingaro. Questi sono alcuni aggettivi che di solito si impiegano per descrivere una realtà che si nasconde ai nostri occhi, ma esiste. È una realtà parallela alla vita di una città, che prova ad inserirsi nei cicli urbani. Sono…persone.I nomadi cercano migliori condizioni di vita e siccome al suo arrivo non trovano qualcosa che gli sia familiare provano a costruire il suo mondo, la sua vita…pezzi di una cultura diversa.I posti scelti, sono quei “disponibili”, che nessuno vuole, nascosti nelle aree suburbane dove della finestra si vedono le fogne, i topi, i rifiuti. Ma dietro tutto questo c’è una vita. Ci sono gli orti, il verde….l’acqua.A Roma, il Tevere è un elemento di partizione, di distribuzione, ma anche di vuoti. I vuoti non costruiti a cui si aggiungono altri trascurati insieme alle antiche strutture industriali. Tutto questo a fianco di una città che respira e cresce: c’è il movimento, le autostrade, i parchi, i magazzini. Gli elementi quotidiani della vita privata sono lì, dove tutti gli vedono: la cucina all’aria aperta, le camere, gli abiti che asciugano sotto il sole. C’è anche la donna che cucina e si ride, ci sono i bambini che giocano, ci sono animali. C’è l’uomo che coltiva le patate e le fave.I dietro, sull’orizzonte c’è la città. Sempre la città: il profilo degli edifici, le macchine rumorose. La città per la quale si vive ed in cui si lavora e si cerca: è anche quella in cui ci perdiamo. Anche noi, studenti di Architettura di Roma Tre, “ci siamo persi” in questa città fatta di altre piccole città. Abbiamo seguito il percorso del Tevere e abbiamo scoperto una realtà dove ci sono i piccoli dettagli della vita delle persone, di questi nomadi senza dimora nella città, ma allo stesso tempo nel margine della città. Ecco: i margini e gli argini.

http://www.arquitectura.pt/forum/f11/caminhar-ao-longo-barreiras-margens-da-cidade-de-roma-6935.html

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ARTICOLO “CHI DORME COPERTO PER I SUONI DEL TEVERE” ANTÓNIO CARDOSO 25.06.2007

Un studio sulla vita che trascorrono i nomadi a fianco del fiume Tevere a Roma e iniziato nel Marzo 2007 dai studenti di Architettura dell’università di Roma Tre sotto la guida del professore Francesco Careri . Questo lavoro, che provoca mal di testa al comune della città, hanno tentato di illuminare di piu in fondo i studenti.

Cominciando dall’area di Fiumicino, caminando a fianco del fiume,qualche volta con difficoltà,i studenti hanno trovato dei gruppi nomadi. Sono nascosti dietro gli alberi oppure qualcosa che li offre protezione. Cacciati dal comune, obbligati a vivere nella campagnia Romana perchè rimangono sfrattati dalla società. Persone con la faccia di pietà, distinguono in ROM, zingari, ungheresi anche italiani,tutti poveri senza tetto, soprattuto emigranti. Tutta questa nuova civiltà adesso inaugurisce almeno venti anni dai primi abbitanti, si poteva anche avere un nome: l’apartheid romano. Fino adesso le case sono costruite dalle materie che in generale finiscono nelle immondizie. Metalo, plastico, carta, legno e tutte le materie che sono stabili abbastanza per construire un tipo di nascondiglio. Strumenti che danno protezione dai condizioni del tempo, freddo, pioggia oppure dalla minaccia della comunità. In una stanza i studenti hanno trovato dalle persone senza parenti o famiglia che si transformano in gruppi con legami sotto gli stessi interessi. Ancora, famiglie intere con ascendennti dal nonno fino il nipote, gente che ha cresciuto in questi quartieri. Sempre l’obbietivo di tutti è la miglioranza del livello di vita e la cerchia delle condizioni umani.

Il trascorso era Fiumicino-tor di Quinto tutti questi mesi, ovunque i nomadi cominciano da essere gruppi da trecento persone che vivono ai campi,ma avvicinando nei limiti della Roma si diventano gruppi di dieci o meno, famiglie isolate. Questo ambiente si travolge tutti, le famiglie hanno successo di trovare modi per aggevolarsi. Trovano posti come sotto i ponti, vicino agli alberi che durante l’estate li danno prottezione dal caldo. Non c’è grande relazione con il fiume, piuttosto le famiglie usano l’acqua corrente solo per lavare. Parlando con i veri protagonisti, si trova che la gente si sente indigeno ma sempre cerca di vivere meglio come questo che sempre stano sognando. Non vogliono essere identificati, perchè hanno paura di perdere tutto che hanno costruito finora,anche se è poco.

Sapendo la situazione, il comune ha deciso di comportarsi con modo totalmente crudo, senza il senso d’ altruismo. Il plano è di mettere i gruppi fuori il raccordo annulare e creare per loro una comunità con gli elementi di sorveglianza, controllo e guardia. Come sono la malatia che sta per infettare la città, un tipo di quarantina.

L’iniziativa ha provocato l’interesso dei media che sono andati nel posto per fare la loro ricerca, insieme con i studenti e i professori di Roma Tre. Adesso questa situazione sta occupando i giornali e le telenotizie, i civili hanno cominciato da protestare, ci sono persone che hanno cominciato a raccogliere delle firme. L’obbietivo è stato raggiunto, questo tema si diventa noto.

Il gruppo universitario, la notte del 21 giugno ha visuto l’esperienza di essere senza tetto,invitando tutti,gli studenti e i professori hanno passato la notte,dormendo sulle margine del tevere,così mostrando che ci sono persone che ancora cercano la felicità nelle cose semplici che noi li consideriamo come garantiti.

http://www.arquitectura.pt/forum/f11/dorme-coberto-som-do-tibre-6932.html

http://humanafterall.spaces.live.com/

 

ARTICOLO “BEZDOMNI NAD TYBREM – KURS NA WYDZIALE ARCHITEKTURY W RZYMIE”

KALINA DOBIJA – DZIUBCZYNSKA, KATARZYNA URBANOWICZ – 25.06.2007

 

 

Siamo studentesse polacce di Facolta’ di Architettura di Gdansk University of Technology. Grazie a scambio dei studenti europei Socrates Erasmus quest’anno studiamo al’Universita’ degli Studi Roma Tre.
Uno corso “Arte Civica” a nostra nuova faculta orgazizzato per dr Franceso Careri, era fatto per fare atenzione a altri a situazione di gente piu’ povera che abita a Roma sul Tevere. Di solito vicino al fiume di tutte piu’ grande citta’ di Europa vivono i zingari e i profughi da tantissimi poveri paesi di tutto del mondo.

In questo corso ogni giovedi con tutti i studennti di “Arte Civica”, con i professori, i membri di Stalker-Osservatorionomade ed anche i corrispondenti di tanti giornali italiani abbiamo fatto un percorso vicino all Tevere ( insieme 120 km, da Fiumincino a Settebagni). Questo che abbiamo scoperto era un shock per tutti. Abbiamo incontrato in tutto circa 1800 persone che vivono con tutte le sue familie nelle baracce ricoperte di lamiera, fatte con le cartone ed elementi di plastica. Le gente abitano in condizioni incredibili, senza luce o acqua, nelle piccole case di 20m2 grandezza (qualce volte meno) con le sue familie di 6 o 7 persone.

Questa situazione non e’ solo problema di Roma. I simili “campi” si trovano in tutte grande citta’ d’Europa.

Non si puo’ stare indifferenti per questa situazione terribile per la dificile vita di profughi. Loro hanno emigrato dai suoi paesi per cercare la vita piu bella e piu semplice, invece adesso ci sono trovati nel situazione terribile. E’ motlo triste che il “Terzo Mondo” sta cosi vicino di citta’ civilizata come Roma.

Per la conferenza il qiorno 11.06 organizzata da noi sono venuti tanti corrispondenti di giornali italiani ed anche giornalisti da Francia. Dopo questo incontro i problemi di zingari ed altri profughi erano descritte in tanti qiornali italiani.

Il 21 giugnio il nostro corso di “Arte Civica” ha organizzato la manifestazione in centro di Roma sotto il ponte Garibaldi. Tutto era organizato per fare atenzione di altri di problema di gente che vive in condizioni terribili vicino al Tevere.

Cosi’ abbiamo deciso di per almeno una notte vivere in condizioni per loro normali ogni giorno. Ivento e’ successo in cuore della citta’ sul Tevere, vicino famosa Isola Tiberina, sotto il Ponte Garibaldi. Oltre di noi in questo protesto hanno partecipato i giornalisti, passanti, ed anche tanti Rom e l’altri abitanti di Campi per Nomadi, con cui abbiamo fatto incontri prima. Per tanti stranieri, specialmente Rom, la musica e’ molto spesso il suo modo della vita e c’e’ il suo l’unico deddito. Allora anche questa volta hanno fatto sentire il suo bellissimo talento musico. In discusioni durante tutta la notte abbiamo toccato i problemi d’ imigranti, abbiamo raccontato le triste storie delle tante persone.

Per noi, straniere in una grande metropolia, e’ piu’ triste, perche tanti di nostri compaesani si trova in situazione cosi’ tragica, in tanti luoghi del mondo! E’ l’uguale anche per tanti stranieri in Polonia. Non si puo’ passare indifferente! Come architetti sappiamo, che in tutto il mondo sono creati i progetti e risoluzioni economici dei problemi delle persone, come queste, che abbiamo incontrato tra i nostri percorsi lungo Tevere. Purtoppo raramente si usa queste idee nella vita.

Durante questo corso, abbiamo avuto l’unica opportunita’ di conoscere la situazione in prattica, che ci ha impressato tanto! Cosi’ non vogliamo solo dimenticare! Pubblicando questo articolo abbiamo speranza per fare questo problema conosiuto in tutto il nostro paese, come in Italia o Francia.

Non stare indifferente!!!

Kalina Dobija-Dziubczyńska
Katarzyna Urbanowicz

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